Le caratteristiche chimico-fisiche delle acque sotterranee dalle quali, tramite pozzi o sorgenti, vengono prelevati circa 3600 litri al secondo per garantire acque potabili ai cittadini della nostra regione, dipendono da vari fattori naturali tra i quali i più significativi sono la composizione della roccia-serbatoio e le reazioni chimiche tra acqua e roccia, le condizioni di pressione e temperatura, i tempi di residenza delle acque nel sottosuolo e le possibilità di mescolamento tra acque con caratteristiche chimiche differenti.
L’interazione delle acque con suoli e rocce consiste, da un punto di vista molto generale, in una serie di reazioni chimiche, alle quali partecipano gli acidi prodotti dai microrganismi presenti nei suoli che si disciolgono nelle acque meteoriche e i minerali costituenti le rocce, fra i quali i silicati e i carbonati.
In Umbria le risorse idriche principalmente utilizzate per uso potabile derivano da quattro tipologie di acquifero, ciascuna delle quali con determinate caratteristiche chimiche.
Gli acquiferi carbonatici hanno sede nelle dorsali carbonatiche che costituiscono l'Appennino Umbro Marchigiano.

La dorsale interessa sia la fascia orientale e meridionale della regione, sia alcune strutture minori nella zona centrale.
Le acque sotterranee si contraddistinguono in genere per un’ottima qualità della risorsa, con una composizione prevalente di tipo bicarbonato-calcico, medio-bassa salinità e assenza, o concentrazioni estremamente basse, di inquinanti di origine antropica.
Gli acquiferi alluvionali costituiscono le principali aree vallive della regione come l’Alta Valle del Tevere, la Media Valle del Tevere, la Valle Umbra, la Conca Eugubina e la Conca Ternana.
Tali aree sono caratterizzate da notevoli spessori della coltre alluvionale in cui si impostano acquiferi freatici e acquiferi in pressione.
Il più importante acquifero in pressione della regione è l’acquifero artesiano di Cannara. La composizione chimica prevalente è di tipo bicarbonato-alcalino-terroso, con salinità mediamente più elevate rispetto agli acquiferi appenninici carbonatici, in funzione di tempi di circolazione nel sottosuolo più elevati.

La facilità di reperimento della risorsa e la concomitante presenza di un intenso sfruttamento antropico del territorio determina, oltre a un problema di tipo quantitativo (fini agricoli, industriali, domestici e consumo umano), anche fenomeni di contaminazione su vasta scala, per lo più ascrivibili alle pratiche di fertilizzazione del terreno agrario (nitrati) e, più recentemente, da composti organo-alogenati derivanti da uso industriale.
Gli acquiferi vulcanici, sono limitati all’area dei depositi dell’apparato vulcanico Vulsino, nei pressi di Orvieto, dove la composizione delle acque, determinata dall’interazione delle acque meteoriche con le rocce vulcaniche varia da bicarbonato-alcalina a bicarbonato-alcalino-terrosa, con bassa salinità.

La qualità delle acque è complessivamente buona anche se stagionalmente soggetta a presenza di arsenico e alluminio.
Infine, un po’ ovunque sono presenti numerosi acquiferi minori, ospitati prevalentemente nei depositi detritici, nei fondovalle alluvionali e nei livelli a maggiore permeabilità dei terreni marnoso-arenacei e di quelli “fluvio-lacustri” plio-pleistocenici, presenti nelle zone collinari della regione.
Tali sistemi sono tuttavia caratterizzati da risorse idriche sotterranee quantitativamente meno importanti, testimoniate dalla presenza di numerose sorgenti con portate limitate e discontinue.

La qualità è estremamente variabile: migliore nel caso di emergenze in sistemi marnoso-arenacei più in quota, con media salinità e composizione da bicarbonato-alcalino-terrosa a bicarbonato-alcalina, di qualità inferiore nel caso di falde in terreni fluvio-lacustri per la frequente presenza di condizioni che favoriscono la naturale dissoluzione di ferro e manganese in tenori elevati.